Caro 2021

Pochi giorni fa passeggiavo per le vie del mio paese e ho visto 3 signori sulla settantina . Erano
rivolti verso il tabellone su cui solitamente sono affisse le comunicazioni delle feste patronali, i
comizi elettorali e i morti. È stato in quell’esatto momento che, il mio orecchio, spesso molto
distratto dai suoni che fanno i pensieri e la mia mente, ovviamente tra le nuvole, hanno
percepito nettamente le parole dei tre: “Per fortuna nessuno dei nostri oggi”. Fatalità. Ho iniziato
a macinare pensieri.
La mente è andata a identificare a chi “dei nostri” si riferissero. Siamo una piccola comunità di
collina, incastrata tra 3 province pugliesi, siamo circa 14 mila abitanti e ci conosciamo tutti.
Anche io che sono tornata in patria da soli 3 anni, dopo una lunga parentesi lontana, cerco di
avere i miei riferimenti. Quindi a chi si riferivano? Beh semplice a dirsi, altri anziani, persone
fragili e vittime di questa pandemia.
Prima di dire fragili però, dovresti conoscerli.
Lì nel mezzo ci sono uomini e donne che ancora lavorano nei campi o che, se in pensione,
hanno comunque un secondo lavoro, perché lavorare serve a tutti. Nel mio paese (come in
molti altri) è così, gli anziani producono PIL, da sempre e svolgono funzioni sociali precise.
Ricoprono cariche decisionali e determinano le scelte dei più giovani. Siamo una vera tribù
novecentesca, con i suoi pro e contro.
Non amo gli anziani, o meglio, non ho il culto di chi li cura, li guarda con smisurato senso di
protezione, però per molto tempo, nella mia infanzia, li ho percepiti con estrema tenerezza,
associando sempre l’anziano al nonno tenero e gentile. Poi mia nonna è invecchiata e già lì un
po’ ho cambiato idea; Berlusconi è invecchiato e anche lì, non mi faceva tanta tenerezza, per
cui quella mia versione edulcorata di anziano si è modificata.
Per intendersi: oggi litigo facilmente con gli anziani del paese che mi impediscono di camminare
serenamente per le strade con il mio cane, perché pensano che prima o poi lui farà la cacca e
io non la raccoglierò. Inveiscono contro di me come se fossi il male assoluto.
Tuttavia, mi rendo conto che, a quell’età è difficile cambiare idea e capire che magari, il genere
umano si è evoluto (non in tutti casi, bisogna dargliene atto) e quindi si! Oggigiorno raccogliamo
anche gli escrementi dei nostri animali domestici, per un puro atto di civiltà. Penso che la loro
ostinata convinzione su di me e sul mio povero cane, derivi dalla cultura per cui 40 anni fa,
raccogliere gli escrementi di un cane fosse praticamente assurdo. L’animale domestico, d’altra
parte oggi ha un valore completamente diverso rispetto ad allora.
Questo però, mi permette di capire chi sono gli anziani oggi, in questo contesto pazzesco e ai
limiti della filmografia fantascientifica. Quegli anziani sono me tra 40 anni, sono me tra 40 anni
ma con in più un autentico senso di comunità, che io non ho. Un senso di comunità che la
generazione poco più giovane di me, non sentirà nemmeno nominare, perché questa pandemia
li ha segnati e chiusi in un individualismo ancora più potente di quello che vivo io ogni giorno.
Quei 3 anziani, l’altra mattina si sono detti “nessuno dei nostri oggi”, non perché fossero una
comitiva, ma semplicemente perché sul tabellone comunale non c’era nessuno della loro
generazione, non c’era nessun anziano. Per questo quel giorno era un bel giorno.
Effettivamente c’era il sole ed era venerdì, io adoro il venerdì, è pieno di speranza e buoni
propositi. La sensazione dura solo il venerdì, già il sabato sono in affanno perché devo fare i
conti con tutte le mie passioni che durante la settimana trascuro.
Caro 2021, quest’anno, sia Natale che Capodanno cadono di venerdì. Per cui, fai tu.

Tua Eva.

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